Alberto Samonà, Assessore regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana

“L’arte è tutto” mi viene da dire pensando a Ziganoi e se per Pablo Picasso l’artista è un ricettacolo di emozioni che provengono da ogni luogo, dal cielo, dalla terra, da un pezzo di carta, da una forma di passaggio, da una tela di ragno, ecco che posso affermare, con convinzione e senza timore di esser smentito, che Ignazio Cammalleri, questo è il nome che si cela sotto l’immaginifico pseudonimo, lo è.
Per tracciarne una sorta di identikit voglio ricollegarmi a una sua frase: “La pittura è la mia ricreazione, è la mia pausa dal quotidiano”, da cui trapela un animo giocoso e, allo stesso tempo, introspettivo che, attraverso le sue tele, trasla in un universo parallelo i tanti mondi che lo abitano e che, per la dirompenza e la grandissima sensibilità in balia di echi emozionali, da particolari si ergono a universali. Nelle sue opere, che aderiscono totalmente alla sua essenza, complessa come la vita, i colori, diventati narrazioni, rappresentano il demone dell’irrazionale che si nutre dell’humus vitale della fantasia o della realtà trasfigurata.
Ziganoi, forse la scelta del nome non è casuale, è un nomade che viaggia all’interno dell’animo umano in cui si inseguono luci e ombre, estroversione e intimismo, enstasi ed estasi, sacro e profano, proprio come nell’Isola tra le isole, la Sicilia, che gli ha dato i natali e che per lui, secondo il mio modesto parere, è superficie riflettente, specchio in cui guardarsi per comprendere e comprendersi. La sua arte è una sorta di Axis Mundi, in quanto asse di collegamento tra il cielo e la terra, il bello e il sublime, l’astrattismo e la concretezza; in Ziganoi, d’altronde, si intersecano diversi piani di comunicazione che, travalicando il significato ovvio, offrono un ampissimo ventaglio di possibilità interpretative che devono essere, però, decodificate da chi sta contemplando. Le sue creazioni non vanno spiegate, ma vissute e cristallizzate attraverso lo sguardo che ne asseconda il flusso che trascina al suo interno, nella sua complessa e mai univoca architettura interiore.
La peculiarità di Ziganoi sta nel fatto che il suo universo non è da ascrivere solo al contemporaneo, che così bene rappresenta, ma anche al passato e al futuro per quella visione ciclica che lo contraddistingue. La sua è una creatività nata, così mi piace definirla, in un tempo senza tempo, calata in un Mondo che, quasi, sembra non appartenergli e fatta di dritti e rovesci. Voglio chiudere questa mia incursione nel mondo dell’artista palermitano con Giorgio De Chirico e quello che io chiamo il suo teorema dell’arte: “Un’opera per divenire immortale deve sempre superare i limiti dell’umano senza preoccuparsi né del buon senso né della logica” e le creazioni di Ziganoi, rispettando appieno questi assiomi, lo sono.

Alberto Samonà, Assessore regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana

“L’arte è tutto” mi viene da dire pensando a Ziganoi e se per Pablo Picasso l’artista è un ricettacolo di emozioni che provengono da ogni luogo, dal cielo, dalla terra, da un pezzo di carta, da una forma di passaggio, da una tela di ragno, ecco che posso affermare, con convinzione e senza timore di esser smentito, che Ignazio Cammalleri, questo è il nome che si cela sotto l’immaginifico pseudonimo, lo è.
Per tracciarne una sorta di identikit voglio ricollegarmi a una sua frase: “La pittura è la mia ricreazione, è la mia pausa dal quotidiano”, da cui trapela un animo giocoso e, allo stesso tempo, introspettivo che, attraverso le sue tele, trasla in un universo parallelo i tanti mondi che lo abitano e che, per la dirompenza e la grandissima sensibilità in balia di echi emozionali, da particolari si ergono a universali. Nelle sue opere, che aderiscono totalmente alla sua essenza, complessa come la vita, i colori, diventati narrazioni, rappresentano il demone dell’irrazionale che si nutre dell’humus vitale della fantasia o della realtà trasfigurata.
Ziganoi, forse la scelta del nome non è casuale, è un nomade che viaggia all’interno dell’animo umano in cui si inseguono luci e ombre, estroversione e intimismo, enstasi ed estasi, sacro e profano, proprio come nell’Isola tra le isole, la Sicilia, che gli ha dato i natali e che per lui, secondo il mio modesto parere, è superficie riflettente, specchio in cui guardarsi per comprendere e comprendersi. La sua arte è una sorta di Axis Mundi, in quanto asse di collegamento tra il cielo e la terra, il bello e il sublime, l’astrattismo e la concretezza; in Ziganoi, d’altronde, si intersecano diversi piani di comunicazione che, travalicando il significato ovvio, offrono un ampissimo ventaglio di possibilità interpretative che devono essere, però, decodificate da chi sta contemplando. Le sue creazioni non vanno spiegate, ma vissute e cristallizzate attraverso lo sguardo che ne asseconda il flusso che trascina al suo interno, nella sua complessa e mai univoca architettura interiore.
La peculiarità di Ziganoi sta nel fatto che il suo universo non è da ascrivere solo al contemporaneo, che così bene rappresenta, ma anche al passato e al futuro per quella visione ciclica che lo contraddistingue. La sua è una creatività nata, così mi piace definirla, in un tempo senza tempo, calata in un Mondo che, quasi, sembra non appartenergli e fatta di dritti e rovesci. Voglio chiudere questa mia incursione nel mondo dell’artista palermitano con Giorgio De Chirico e quello che io chiamo il suo teorema dell’arte: “Un’opera per divenire immortale deve sempre superare i limiti dell’umano senza preoccuparsi né del buon senso né della logica” e le creazioni di Ziganoi, rispettando appieno questi assiomi, lo sono.